3. I presidenti della Federazione Italiana Volontari della Libertà
Nel ripercorrere, seppure a grandi linee, la storia della F.I.V.L., sarebbero molti gli avvenimenti italiani ed internazionali da approfondire, dato lo stretto legame che intercorse tra la Federazione ed il partito di maggioranza relativa che resse le sorti del Paese per oltre quarant’anni. Molte scelte degli esecutivi a guida democristiana trovavano sistematico riscontro o anticipazione nelle discussioni in seno ai vari organismi della F.I.V.L., dalle riunioni di Giunta ai vari congressi; si spiega così come dai rispettivi verbali compaiano spesso appassionate discussioni sui temi più disparati, dagli accordi commerciali alle scelte energetiche, dalla dispersione scolastica all’economia sommersa, dall’andamento agricolo allo sviluppo del Terzo Mondo, senza parlare delle dispute tra le singole associazioni, che, in un organismo federale, erano e rimangono assolutamente autonome nelle loro scelte e prese di posizione. Piuttosto che cercare di ordinare una materia tanto difforme e complessa, è preferibile soffermarci sulle varie personalità di spicco che si susseguirono alla guida della Federazione.
Nel primo Consiglio Federale, che si tenne a Milano dal 26 al 29 settembre 1949, venne riconfermato alla presidenza il gen. Raffaele Cadorna, che era già stato designato alla guida della Federazione nella riunione costitutiva dell’anno precedente; alla vicepresidenza, furono eletti Enrico Mattei e la medaglia d’oro al Valor Militare per la Resistenza Enrico Martini Mauri, a rimarcare la forte continuità con lo spirito che aveva guidato le formazioni autonome nella fase più difficile e tragica della Resistenza. Sotto la presidenza di Cadorna, la Federazione crebbe molto, sia nella strutturazione interna che nel numero delle associazioni partigiane che si aggiunsero, avendo uno statuto non contrastante con lo statuto federale. Tra i molti episodi rappresentativi del lungo periodo della sua presidenza, che va dal 1948 al 1960, merita ricordare quanto accadde in occasione dei fatti d’Ungheria dell’ottobre 1956, quando le associazioni federate si riunirono in un congresso straordinario a Milano e si schierarono apertamente dalla parte degli insorti ungheresi:
Come proiezione del convegno, si costituì un comitato la costituzione di un corpo di volontari da inviare in Ungheria. Particolarmente attive in questo frangente si dimostrarono l’associazione volontari della libertà della Lombardia, l’associazione partigiani autonomi del Piemonte, le associazioni liberi artigiani di Reggio Emilia e di Parma, l’associazione partigiani «Osoppo- Friuli» di Udine, l’«associazione partigiani cristiani», le quali presero contatti con autorevoli esponenti del P.C.I. e dell’A.N.P.I., [che firmarono] un manifesto contro la direzione del P.C.I., che cercava di presentare l’intervento militare sovietico contro l’Ungheria come una dolorosa necessità al fine di evitare il pericolo per la rivoluzione comunista è una minaccia per la pace mondiale[11].
Un altro episodio rappresentativo della tempra morale di Cadorna e della storia della F.I.V.L. si verificò nell’aprile 1960, mentre si delineavano chiaramente i positivi effetti innescati dal Piano Marshall, con una forte crescita economica dell’intero Paese, che rendeva possibile una stagione di profonde riforme sociali; nel partito di maggioranza relativa, si fronteggiavano i fautori di un’apertura ai socialisti e coloro che vedevano con favore l’allargamento a destra della compagine di governo. Il senatore Cadorna era tra questi ultimi e quando, in modo sofferto ed assai contrastato, il governo Tambroni prese vita grazie al determinante apporto dei voti del M.S.I., egli votò la fiducia al nuovo governo, ma non prima di rassegnare le dimissioni da presidente della F.I.V.L., in modo da rimarcare l’assoluta estraneità della Federazione rispetto alla sua scelta. A distanza di poche settimane, prima dei gravi scontri di Genova del 30 giugno 1960, che si estesero rapidamente al resto del paese e decretarono la fine del governo Tambroni, il Consiglio Federale della F.I.V.L., riunitosi a Torino del 25 maggio 1960, prese atto delle dimissioni di Cadorna ed elesse Enrico Mattei alla presidenza, confermando Martini Mauri alla vicepresidenza.
L’elezione del dirigente dell’ENI, che aveva saputo trasformare quella che durante il Ventennio era considerata l’ “Azienda Gerarchi In Pensione” in una potente multinazionale del petrolio, esprimeva la volontà di superare le forti polemiche che avevano accompagnato le dimissioni di Cadorna e di rafforzare la Federazione, anche se al prezzo di legarla ancor più strettamente alla Democrazia Cristiana. La forte personalità di Mattei, tuttavia, ed il suo sincero e tutt’altro che retorico riferirsi alla Resistenza lasciavano intravedere una posizione non certo subalterna della Federazione all’interno del partito, come dimostrano chiaramente alcuni passi del discorso che Mattei fece a Firenze il 25 aprile 1961:
La libertà, prima di essere l’essenza della vita politica, è una virtù interiore, una prerogativa dello spirito, che si conserva e si potenzia con vigilanza incessante e con rigore morale. Se allarghiamo lo sguardo ad altre terre, noi vediamo, da un lato, un grande Paese come la Francia sconvolto da un rigurgito di forze fasciste, che troppo a lungo sottovalutate o tollerate, sono ormai in grado di minacciare seriamente non solo la compagine di quella terra, ma gli stessi valori fondamentali di libertà e di democrazia propri della nostra civiltà, dall’altro lato vediamo popoli al di là dei mari, che ancora oggi lottano per la libertà. Noi ci sentiamo ad essi vicini, appunto perché la nostra esperienza ci ha reso particolarmente sensibili a questo dovere di comprensione umana. […]
Nel culto della libertà, noi auspichiamo, secondo giustizia, riforme sociali coraggiose, che progressivamente sopprimano i privilegi e restringano sempre di più, fino ad eliminarla, l’area della miseria. […] La nostra Federazione di volontari della libertà, profondamente convinta di questa necessità, riconferma solennemente che solo negli ideali che ispirarono la Resistenza trova fondamento quella società più giusta che si vuole edificare. Per questo essa ha presentato alla discussione della prossima assemblea mondiale degli ex-combattenti, che avrà luogo a Parigi l’8 maggio, una risoluzione nella quale, contro ogni forma di imperialismo e di colonialismo, si auspica quella collaborazione con i popoli afro-asiatici che è “nello spirito delle loro aspirazioni all’indipendenza, alla libertà ed al progresso sociale, premesse fondamentali per la pacifica e civile evoluzione del mondo futuro”.
Le forze dell’immobilismo politico alleate dei privilegi economici, con la comoda mentalità dei conservatori di tutti i tempi, gridano contro lo spirito di ribellione. Essi sono ribelli, o amici partigiani, è vero, come lo siamo stati noi quando fummo costretti a ribellarci contro la ingiustizia, la prepotenza, la sopraffazione[12].