Care amiche, cari amici, è passato oltre un mese da quando l’emergenza per il COVID-19 ci ha confinati dentro le nostre case. Mai avremmo pensato di vivere, in un tempo così breve e dall’oggi al domani, una situazione tanto dura da sembrarci crudele.
Abbiamo visto scene di affollamento spaventato nei supermercati, nei negozi, sui treni, per cercare di sfuggire dall’ansia del contagio. Abbiamo visto le nostre strade svuotarsi e le piazze diventare deserte e metafisiche. Abbiamo visto le scuole, le università, i bar, i negozi, le diverse attività chiudere, una dopo l’altra. Abbiamo visto gli ospedali riempirsi rapidamente e andare in sofferenza per i pochi posti letto disponibili. Abbiamo visto i nostri conoscenti, i nostri amici, i nostri cari, specie quelli più fragili e preziosi, ammalarsi e andarsene in silenzio, soli, lontano dai nostri occhi. Abbiamo visto estinguersi una generazione di anziani, molti dei quali erano stati testimoni degli orrori della dittatura fascista e protagonisti della lotta di liberazione. Abbiamo visto le bare allungarsi in file interminabili, nelle camere mortuarie degli ospedali, nelle navate delle chiese, nei magazzini un tempo dedicati alle nostre attività. Abbiamo visto i camion militari sfilare lenti sulle nostre strade per portare via i nostri morti, perché qui non c’era più posto per tenerli. Abbiamo visto seppellire i nostri morti senza un funerale, senza un fiore, senza il calore di una partecipazione umana. Abbiamo visto le nostre aziende rallentare, fermarsi, chiudere i battenti, sospendere l’attività nella speranza di poter ripartire, sapendo che potrebbe anche non accadere. Abbiamo visto persone perdere il lavoro, il sostentamento economico, gli affetti. Abbiamo visto qualcuno che ha smarrito la propria identità, persino la propria dignità. Abbiamo visto la nostra libertà, la nostra democrazia, la nostra società occidentale – condizioni di normalità che abbiamo sempre dato per scontate, e che invece erano state pagate a tanto caro prezzo – venire sospese, congelate, messe in discussione, annichilite da un virus microscopico, insidioso, sconosciuto, subdolo, e per molti letale.
Siamo sgomenti. Siamo preoccupati. Siamo spaventati. Siamo impotenti.Anche oggi, che è il Giovedì Santo, all’inizio del Triduo Pasquale, abbiamo di fronte la Passione e la Morte, e fatichiamo a guardare alla Risurrezione.
Ma abbiamo visto anche altro. Abbiamo visto le persone affacciarsi alle finestre. Abbiamo visto le persone parlare e interessarsi del destino quotidiano dei loro vicini. Abbiamo visto le persone sostenersi a distanza, disegnare arcobaleni, cantare canzoni. Abbiamo visto i medici, gli infermieri, il personale sanitario donarsi con generosità per aiutare chi soffre, a rischio della propria pelle. Abbiamo visto i volontari, le forze dell’ordine, i lavoratori delle filiere che sostentano la nostra esistenza spendersi con grande impegno per tener viva la rete sociale che ci protegge. Abbiamo visto i lavoratori impossibilitati a uscire industriarsi per lavorare da casa, a distanza. Abbiamo visto i maestri, i professori, i musicisti, i poeti continuare da casa la loro meravigliosa azione di educare e arricchire i nostri giorni. Abbiamo visto i sacerdoti, i religiosi e le religiose di ogni confessione pregare Dio – con qualunque nome ciascuno lo chiami – affinché ci aiuti e ci sostenga in questo momento di smarrimento. Abbiamo visto gesti di generosità, di solidarietà, di condivisione.
Vedendo tutto questo, abbiamo imparato. Abbiamo imparato che siamo fragili, deboli, mortali anche quando ci sentiamo onnipotenti. Abbiamo imparato che le cose davvero importanti si apprezzano di più quando vengono a mancare. Abbiamo imparato che ciascuno di noi, anche il più piccolo e il più apparentemente insignificante, è importante. Abbiamo imparato che non possiamo essere felici da soli. Abbiamo imparato a sorridere con gli occhi. Abbiamo imparato che abbiamo bisogno di umanità.
Imparando, abbiamo fatto delle promesse. Abbiamo promesso di ricordare ciò che è stato. Abbiamo promesso di guardare alla lezione del nostro passato per guidare consapevolmente il futuro. Abbiamo promesso di impegnarci a scegliere il bene, a lottare per il bene. Abbiamo promesso di lavorare perché ciascuno abbia la sua parte di bene. Abbiamo promesso di essere persone migliori.
Care amiche, cari amici: abbiamo vissuto momenti terribili, abbiamo sperimentato sentimenti contrastanti, come i nostri padri, settantacinque anni fa. Un giorno questo inferno finirà, e come Dante, torneremo “a riveder le stelle”. Porteremo con noi quel che abbiamo visto e quel che abbiamo imparato. E potremo dimostrare di essere all’altezza delle nostre promesse. Toccherà a noi fare ciò che i nostri padri fecero allora: avere il coraggio di investire tutti noi stessi sulla libertà, nella libertà, per la libertà.
Perché nessuno resti solo. Perché nessuno resti indietro. Perché ciascuno possa essere felice.
Buona Pasqua di Risurrezione. Buona Pasqua di Liberazione.
Associazione Fiamme Verdi, Brescia