Mercoledì 19 aprile è stato presentato alla Casa della Memoria di Milano il libro di Matteo Forte, “Porzus e la resistenza patriottica”: ospiti d’eccezione l’ex sindaco Giuliano Pisapia, Stefano Parisi e Roberto Volpetti della Associazione Partigiani Osoppo e della Federazione Italiana Volontari della Libertà.
Come hanno raccontato Forte e Volpetti, l’eccidio di Porzûs ha una storia complicata ed è ancora oggi oggetto di controversie. Le divergenze tra le formazioni osovane di ispirazione patriottica e il IX° Korpus (l’esercito di liberazione jugoslavo comandato da Tito) divennero sempre più profonde, tra accuse di tradimento e collaborazionismo con i tedeschi, finché la tensione culminò nella strage di Porzus: i comunisti, guidati dal comandante Toffanin, uccisero in tutto diciassette membri del gruppo rivale, tra cui una donna tenuta prigioniera dalle Osoppo. Tra le vittime ci furono anche Francesco De Gregori, zio del cantautore, e Guido Pasolini, fratello minore dello scrittore e regista. Non si è mai scoperto chi fossero i mandanti della strage. Toffanin fu condannato all’ergastolo, ma fuggì dall’Italia e morì in Slovenia.
Prendendo spunto da questa vicenda, Giuliano Pisapia ha sviluppato una riflessione sulla necessità di riscoprire la natura multiforme della resistenza e il contributo alla liberazione da parte di gruppi diversi, non solo comunisti. Come racconta Forte nel suo libro, le Brigate Osoppo utilizzavano metodi non condivisi da altre formazioni partigiane: promuovevano lo scambio di prigionieri con la mediazione della Curia, ricorrevano alla violenza solo come estrema ratio e progettavano una democrazia in cui ci fosse spazio per ogni formazione.
Basandosi sul confronto con il passato, secondo Stefano Parisi oggi la politica è degenerata perché non è stata in grado di traslare i valori della resistenza partigiana in un progetto di pacificazione nazionale: il nostro panorama politico è molto frammentato, diviso tra fazioni che si combattono a vicenda delegittimando l’avversario, avendo perso il senso civico e il rispetto verso le istituzioni. Guardare alla vicenda di Porzûs deve servire a ricordare la necessità di superare le divergenze perché gli strumenti possono essere diversi, ma l’obiettivo finale deve essere condiviso da tutti. Soprattutto in un momento storico in cui c’è bisogno di un solido senso d’identità nazionale che non si pieghi ai nuovi emergenti movimenti estremisti.