Edith Stein è stata una filosofa e mistica tedesca dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, vittima della Shoah.
Nacque il 12 ottobre 1891 a Breslavia, allora in Prussia ed oggi in Polonia, da genitori di origine ebraica, ultima delle cinque figlie e dei due figli. Nel luglio del 1893, il padre morì improvvisamente e fu quindi la madre Augusta a sobbarcarsi l’impegno di condurre personalmente l’azienda familiare nel campo dei legnami. Fra i 15 e i 16 anni, Edith prese la ferma decisione di non frequentare più la scuola e si trasferì ad Amburgo, dove rimase per circa un anno, trascorso principalmente nell’assidua lettura di libri di letteratura e di filosofia, disciplina che già in quel periodo cominciava ad attirare le sue attenzioni ed il cui studio presto l’avrebbe condotta ad un dichiarato ateismo.
Nel marzo 1911, Edith sostenne e superò l’esame di maturità, proseguendo quindi gli studi presso l’università di Breslavia. Attratta dalle teorie fenomenologiche di Edmund Husserl, allora in gran voga, decise di iscriversi all’università di Gottinga, dove il celebre filosofo teneva le sue lezioni. Edith vi giunse nell’aprile del 1913, facendo conoscenza e guadagnandosi la stima di alcuni fra i più famosi filosofi del periodo, fra i quali lo stesso Husserl. Nel gennaio 1915, poté sostenere l’ultimo esame in presenza di Husserl proponendogli poi di divenire sua assistente: aveva solo venticinque anni, quando si trasferì a Friburgo per seguire il suo maestro. ma non trascorse molto tempo che l’impegno di Edith non fu più sostenibile. Fu così che nel febbraio 1918 rinunciò all’incarico per dedicarsi alla propria carriera lavorativa e filosofica. Edith Stein diventò membro della facoltà a Friburgo e si dedicò anche all’attività politico-sociale, impegnandosi nel Partito Democratico Tedesco a favore del diritto di voto alle donne.
Nonostante avesse già avuto contatti con il cattolicesimo, rimase sconvolta da una donna “qualsiasi” che con i sacchetti della spesa era entrata in una chiesa per pregare; questo avvenimento segnò l’inizio del suo cammino di avvicinamento alla fede cattolica, ma fu solo dopo aver letto l’autobiografia della mistica Santa Teresa d’Avila, durante una vacanza nel 1921, che abbandonò l’ateismo e si convertì.
Battezzata il 1º gennaio 1922, andò ad insegnare presso due scuole domenicane a Spira, dove rimase fino al 1931. Durante questo periodo, già indirizzata alla vita di clausura, si accostò alla filosofia di San Tommaso d’Aquino, traducendo le sue opere in tedesco. La sua vita fu scandita da preghiera, insegnamento e vita comune con le allieve. Nel 1931, divenne lettrice all’Istituto di pedagogia scientifica a Münster, ma l’ascesa di Hitler e le leggi naziste la obbligarono a dimettersi.
Realizzando un desiderio che da tempo portava nel cuore, Edith Stein entrò nel monastero carmelitano di Colonia nel 1934 e prese il nome di Teresa Benedetta della Croce. Per proteggerla dalla minaccia nazista, il suo ordine la trasferì al convento di Echt in Olanda. Ma con lo scoppio del Secondo Conflitto mondiale e l’occupazione nazista, Edith non era al sicuro neanche nei Paesi Bassi: la conferenza dei vescovi olandesi il 20 luglio 1942 fece leggere in tutte le chiese una lettera contro il razzismo nazista; in risposta, il 26 luglio Adolf Hitler ordinò l’arresto di tutti gli ebrei anche convertiti, che fino a quel momento erano stati risparmiati. Edith e sua sorella Rosa, pure lei convertita, vennero catturate e internate nel campo di concentramento di Auschwitz, dove furono uccise nelle camere a gas il 9 agosto 1942.
Con la sua beatificazione nel Duomo di Colonia da parte di Papa Giovanni Paolo II, il 1º maggio 1987, la Chiesa cattolica volle onorare, per esprimerlo con le parole dello stesso pontefice, “una figlia d’Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede ed amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica ed al suo popolo quale ebrea”.
La decisa volontà di Giovanni Paolo II, che indicò sempre lo sterminio antisemita come un abisso dell’umanità, sormontò anche l’ostacolo canonico a dichiararla santa, cioè la ricerca di un miracolo compiuto in vita ovvero la dichiarazione del martirio per la fede. Con l’affermazione che la persecuzione subita nel campo di sterminio – che portò alla sua morte – era patita per la sua testimonianza della fede (affermazione dalle conseguenze teoriche assai ampie, sulla natura anticristiana del nazismo e sul fatto che si può affermare la fede cattolica anche rifiutando di sottrarsi ad una persecuzione razziale), Edith Stein fu canonizzata dallo stesso Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1998, mentre il 1º ottobre 1999 il papa la nominò anche “compatrona” d’Europa affermando che: «Teresa Benedetta della Croce … non solo trascorse la propria esistenza in diversi paesi d’Europa, ma con tutta la sua vita di pensatrice, di mistica, di martire, gettò come un ponte tra le sue radici ebraiche e l’adesione a Cristo, muovendosi con sicuro intuito nel dialogo col pensiero filosofico contemporaneo e, infine, gridando col martirio le ragioni di Dio e dell’uomo nell’immane vergogna della “shoah“. Ella è divenuta così l’espressione di un pellegrinaggio umano, culturale e religioso, che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del Continente europeo».