Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi».
(Lc 24,36)
Care Amiche e cari Amici,
tra pochi giorni sarà Pasqua. Pasqua di Resurrezione, nella quale celebriamo il mistero di Cristo che vince la morte. Come ci ricordano i Vangeli, il primo messaggio rivolto dal Risorto ai suoi discepoli è «Pace a voi». Perché il dono della Pasqua è, prima di ogni altra cosa, il dono della Pace.
La gran parte di noi, che appartiene alla generazione dei figli, nipoti o pronipoti dei partigiani, non ha conosciuto di persona la tragedia della guerra: l’ha ascoltata dai racconti, appresa dalle letture e dagli studi, condivisa nello spirito e nelle emozioni con gli approfondimenti che ciascuno ha dedicato al periodo cruciale e terribile per la storia della nostra Patria e del nostro Popolo.
Quando sentiamo pronunciare la parola “pace”, in contesti religiosi o laici, spesso andiamo col pensiero al momento cruciale della Storia della Salvezza che celebreremo nel Triduo Pasquale.
La nostra lettura – di donne e uomini impegnati nella memoria e nella testimonianza della storia partigiana – la identifica con l’assenza della guerra, il suo contrario. Lo fa in nome di un idem sentire di esperienze, che in questi ottant’anni ci hanno fatto considerare le molte guerre combattute dopo la Seconda guerra mondiale come eventi lontani, sullo sfondo, consumati in altri luoghi e per questo, tutto sommato, meno determinanti per le nostre esistenze.
Abbiamo quasi imparato a rassegnarci a una pace “diminuita”, che – pur nel sincero rattristarci e condolere con i popoli colpiti da questo flagello – ci consolava, perché almeno aveva risparmiato i territori a noi più prossimi e cari dalla furia dei combattimenti, dallo strazio delle bombe, dalla violenza dell’uomo contro l’uomo. A lungo siamo stati convinti che l’Europa non avrebbe più vissuto il dramma di popoli che si combattono negli stessi luoghi che erano stati teatro di immani tragedie e carneficine nei secoli passati e, soprattutto, nei due conflitti mondiali del Novecento. ll tabù si era già infranto nei primi anni Novanta, con le guerre nella Ex Jugoslavia, ma è definitivamente crollato in Ucraina dal 24 febbraio 2022, e frana in modo ancor più roboante dal 7 ottobre 2023 in Israele e in Palestina. Si tratta di guerre che insanguinano la nostra quotidianità; due guerre che ci sconvolgono e ci lasciano attoniti, che entrano con tutta la loro violenta prepotenza nelle vite, nelle discussioni, nelle riflessioni sul futuro delle esistenze nostre e dei nostri cari.
Eppure, domenica sarà ancora Pasqua; riascolteremo ancora una volta il saluto del Risorto, che ci dice: «Pace a voi». Si tratta di messaggio che non deve restare inascoltato, ma che deve accendere in noi un senso più profondo, interiore e spirituale. Un augurio che è al tempo stesso una richiesta di cambiamento dei nostri atteggiamenti, un invito pressante a far sì che la nostra vita muova da propositi di pace, da atteggiamenti di apertura, dall’acquisizione progressiva e consapevole di una nuova dimensione personale, pacifica e pacificatrice, che è requisito necessario a ogni ulteriore atto di relazione umana e cristiana.
La pace del Risorto ci esorta a superare la paura, l’incertezza, il turbamento, la preoccupazione, il disagio e ci chiede di sostituirli con la serenità interiore, la tranquillità che non viene dall’incoscienza o dall’ingenua dabbenaggine, ma da una lettura cristiana della realtà, che nella drammaticità degli eventi cerca sempre di porre al centro la persona, i suoi diritti, la sua dignità, la sua appartenenza alla grande famiglia umana. Ci dona la pace, e ci chiede (come fu chiesto a Caino, Gn 4, 9): «Dov’è tuo fratello?». È una pace accogliente e impegnativa, che si fa desiderio di vita, che davanti alla fatica e all’orrore di quanto accade non si accontenta di stare a guardare, confortata dalla salvaguardia del piccolo e pacificato focolare domestico. Una pace che non si accontenta della denuncia dei fallimenti e non si ferma all’auspicio di tempi migliori.
La pace del Risorto, senso vero della Pasqua per i cristiani, è la spinta necessaria alla conversione quotidiana, il motore al cambiamento di noi stessi, il monito a scomodarci e uscire dalle nostre autorappresentate sicurezze. La pace del Risorto ci impone di guardare con occhi nuovi alle comunità che chiamiamo Paese, Patria, Società, Europa, Mondo e ci chiede di cambiare, migliorare, accogliere, farci costruttori di pace e fratelli tra i fratelli.
La pace del Risorto sia con tutti noi, amiche e amici: Buona Pasqua!
Roberto Tagliani