Se oggi possiamo parlare dei processi per crimini di guerra compiuti dai nazisti in Italia, lo dobbiamo alla tenacia di un magistrato, Marco De Paolis, che a La Spezia è riuscito ad istruire oltre 430 procedimenti di indagine per crimini di guerra. Proprio il dottor De Paolis assieme a Paolo Pezzino uno dei maggiori storici contemporanei hanno raccontato questa vicenda nel libro “La difficile giustizia” presentato a Udine, presso la Sala Conferenze della Fondazione Friuli in via Manin. L’incontro è stato organizzato dalla Associazione Partigiani Osoppo in collaborazione con l’istituto Friulano di Storia del Movimento di Liberazione. All’incontro erano presenti oltre agli autori, il Comandante regionale dei Carabinieri, generale Vincenzo Procacci, il Comandante provinciale dell’Arma, colonnello Alfredo Vacca, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Colonnello Sergio Schena, la vice prefetto di Udine dottoressa Gloria Allegretto, il presidente del Consiglio Comunale di Udine dottor Enrico Berti. Ospite d’onore il generale Luigi Federici, già Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. Presenti inoltre numerosi ufficiali e comandanti di vari reparti presenti in Provincia di Udine.
Il dottor Marco De Paolis, ora Procuratore Generale Militare presso la Corte Militare di Appello di Roma all’epoca in servizio presso il piccolo ufficio giudiziario di La Spezia è riuscito ad istruire, in qualità di pubblico ministero, oltre 430 procedimenti di indagine per crimini di guerra. Di questi, 313 definiti tra i 2002 e il 2008 e undici conclusi dal 2003 al 2008, data della soppressione dell’ufficio. Dopo il ritrovamento, nel 1994, del famoso armadio della vergogna, con dentro centinaia di fascicoli sui crimini di guerra commessi sulla popolazione italiana tra il 1943 e il 1945, non seguirono interventi normativi per recuperare il tempo perduto e restituire cosi giustizia alle persone colpite. I morti a Sant’Anna di Stazzema, Civitella Val di Chiana, Monte Sole – Marzabotto, Cefalonia (tutti processi dove De Paolis ha svolto il ruolo di pubblico ministero) non bastarono per spingere il Parlamento ad una accelerata in tema normativo: semplicemente ci fu una trasmissione dei fascicoli ritrovati alle procure militari. In particolare, 38 fascicoli furono mandati alle procure di Napoli, Bari e Palermo e gli altri 657 furono divisi nelle cinque procure militari di Roma, Padova, Verona, Torino e La Spezia. Di fatto, quasi un terzo di tutti i 695 fascicoli e quasi la metà di quelli dell’Italia settentrionale furono inviati a La Spezia, la cui giurisdizione territoriale comprendeva quattro regioni e ventitré province “tra cui – spiega il magistrato – le aree toscane, emiliane e marchigiane nel cui territorio correva la linea Gotica, ossia quella posizione difensiva fortificata ove le truppe tedesche in ritirata avevano attestato le proprie linee di difesa nel tentativo di contrastare l’avanzata alleata”.
“L’unico modo possibile per riacquistare fiducia nella giustizia– racconta il magistrato – era dimostrare loro, con i fatti, e cioè con il compimento di indagini approfondite, che sussisteva un reale impegno della magistratura militare ad accertare fatti e responsabilità a prescindere dal decorso del tempo, senza lasciare nulla di intentato e senza trascurare nessuna posizione individuale, nessuna vittima”. Il secondo pilastro necessario era la costruzione di un rapporto di collaborazione internazionale con le autorità straniere, “in particolar modo con quelle tedesche e austriache, ma anche britanniche e statunitensi nei cui archivi è conservata un’ingente documentazione”, spiega il magistrato, che istituì anche un ufficio investigativo bilingue a La Spezia.
La giustizia difficile racconta questa storia importante fatta di processi, passione, solitudine, razionale equilibrio e oggettività. Leggendo si sente scorrere quella forte passione per la giustizia e i diritti umani.